domenica 6 aprile 2014

L’Aquila, cinque anni dopo il terremoto


La prefettura dell’Aquila il 3 aprile 2014. (Manuel Romano, NurPhoto/Corbis)
Alle 3.32 del 6 aprile 2009 una scossa di terremoto di magnitudo 5,9 della scala Richter colpisce L’Aquila e altri 56 comuni abruzzesi. Nel crollo degli edifici muoiono 309 persone. Vengono danneggiati circa 10mila edifici e i danni stimati ammontano a circa 10 miliardi di euro.

Secondo la protezione civile il 9 agosto 2009 le persone senza casa erano 48.818, di cui 19.973 sistemati in 137 tendopoli, 19.149 in alcuni alberghi e 9.696 in case private.
Ad aprile del 2014 sono rientrate nelle loro case 46mila persone. Le persone che vivono ancora all’interno degli appartamenti del progetto Case (Complessi antisismici sostenibili ecocompatibili) sono 11.670. Sono 2.461 quelle che vivono nei Map (Moduli abitativi provvisori, prefabbricati) e 189 negli appartamenti messi a disposizione dal comune.
Allo stato attuale ci sono più di 300 cantieri aperti nel centro storico e 1.500 nelle zone periferiche. Nei comuni limitrofi all’Aquila interessati dal terremoto sono 662 i cantieri aperti nelle periferie e 138 quelli nei centri storici. Per il restauro dei beni artistici e architettonici, i cantieri aperti sono 101.
I processi:
In seguito al terremoto del 2009 sono stati aperti diversi processi e numerose inchieste.
  • Il 22 ottobre 2012 il tribunale dell’Aquila ha condannato in primo grado per omicidio colposo plurimo e lesioni sette tecnici e scienziati, membri della Commissione grandi rischi: Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Bernardo De Bernardinis, Giulio Selvaggi, Claudio Eva e Gianmichele Calvi. Tutti gli imputati sono stati condannati a 6 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’appello comincerà nell’ottobre del 2014 e dovrebbe concludersi entro la fine di ottobre. Gli imputati sono accusati di aver minimizzato il rischio di un terremoto e di essere stati negligenti nel loro lavoro.
  • Nel crollo della casa dello studente il 6 aprile morirono otto universitari: Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Francesco Esposito, Hussein Hamade e Alessio Di Simone. Il 16 febbraio 2013 sono stati condannati a quattro anni di reclusione per omicidio plurimo e lesioni: Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone. Sono tecnici, autori dei lavori di restauro fatti nel 2000 che, secondo l’accusa, avrebbero ulteriormente indebolito il palazzo costruito negli anni sessanta. A due anni e sei mesi è stato condannato Pietro Sebastiani, tecnico dell’azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu).
    I quattro condannati sono stati anche interdetti dai pubblici uffici per 5 anni. Dovranno pagare un risarcimento ai parenti delle vittime. A ciascun genitore dovranno versare 100mila euro e 50mila euro a ogni fratello o sorella. Numerose le parti civili a cui è stato riconosciuto un risarcimento di cinquemila euro. 
    Sono invece stati assolti: Luca D’Innocenzo, presidente Adsu, Luca Valente, nel 2009 direttore Adsu, Massimiliano Andreassi e Carlo Giovani, tecnici, autori di interventi minori. Il non luogo a procedere è stato disposto per Giorgio Gaudiano, un funzionario che negli anni ottanta ha acquistato la struttura da un privato per conto dell’università dell’Aquila, e Walter Navarra, che ha svolto lavori di piccola entità sulla struttura.
  • Gli altri processi. Delle 189 inchieste aperte, soltanto 18 hanno portato all’apertura di un processo. Alcuni processi sono arrivati alla sentenza di primo grado. Il 10 marzo 2014 è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione il costruttore Filippo Impicciatore per il crollo di una palazzina in via D’Annunzio in cui sono morte 13 persone. Al costruttore è stato imputato di aver usato materiali scadenti. Nello stesso processo è stato condannato a tre anni e mezzo anche Fabrizio Cimino, l’ingegnere che si era occupato del restauro dell’edificio nel 2002.
Le inchieste sulla ricostuzione:
  • Tangenti per la messa in sicurezza. L’8 gennaio 2014 la polizia dell’Aquila, con la collaborazione di quella di Teramo e di Perugia, ha disposto gli arresti domiciliari per quattro ex assessori e funzionari pubblici locali, indagati insieme ad altre quattro persone. I funzionari sono accusati di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica, appropriazione indebita negli appalti legati alla ricostruzione della città dopo il terremoto. Secondo la questura alcune aziende avrebbero pagato tangenti agli amministratori pubblici per 500mila euro per ottenere appalti pubblici sulla messa in sicurezza degli edifici dopo il sisma. È stata anche accertata l’appropriazione indebita di 1 milione e 268mila euro. Secondo l’inchiesta, aperta nel 2012, questi reati sarebbero stati commessi tra il settembre del 2009 e il luglio del 2011. Tra le persone coinvolte anche il vicesindaco Roberto Riga, che ha presentato le dimissioni.
  • La procura dell’Aquila sta seguendo diversi filoni d’inchiesta sulla penetrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nei cantieri aperti per la ricostruzione. Sono state aperte circa dieci inchieste. Quattordici ditte sono state escluse dalla ricostruzione dopo dei blitz nei cantieri e la scoperta di legami con la criminalità organizzata.
Il rapporto sulla ricostruzione dell’Unione europea:
Il 4 novembre del 2013 l’europarlamentare Søren Bo Søndergaard, membro della Commissione di controllo sul bilancio dell’Unione europea, ha presentato un rapporto in cui ha criticato duramente l’Italia per l’uso dei fondi europei per la ricostruzione dell’Aquila.
L’Unione europea ha stanziato 493,7 milioni di euro per la ricostruzione della città ma, secondo il rapporto, la maggior parte dei soldi è finita in mano alla criminalità organizzata attraverso appalti gonfiati e tangenti.
Søndergaard ha dichiarato che i fondi europei potrebbero essere finiti in mano a organizzazioni criminali “in maniera diretta o indiretta”.
L’Europa ha anche criticato la costruzione degli edifici del progetto Case e Map, per i quali sono stati usati materiali scadenti e potenzialmente pericolosi per la salute delle persone. È stato usato “materiale generalmente scarso, impianti elettrici difettosi, intonaco infiammabile e alcuni edifici sono stati evacuati per ordine della magistratura perché pericolosi e insalubri”, afferma il rapporto.

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