martedì 7 aprile 2015

“Israele continua a terrorizzare i palestinesi e la Striscia di Gaza” Intervista a Mariam Dinar, studiosa del conflitto mediorientale

Bambini palestinesi giocano a ridosso del muro di separazione a Gerusalemme Est. Foto di Mariam Dinar.

di Enza Caputo

Lo scorso 9 luglio è iniziata l'operazione militare israeliana “Margine Protettivo”, a seguito della quale hanno perso la vita oltre 2200 palestinesi, nella maggior parte dei casi civili . Moltissimi i bambini caduti vittima del fuoco israeliano durante i 50 giorni di bombardamenti. Se n'è parlato durante la sessione speciale del Consiglio dei Diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc), lo scorso marzo a Ginevra. Col paradosso che c'erano due grandi assenti: Israele e Stati Uniti.

Mariam Dinar è stata in Palestina due volte, nell’estate del 2010 e nel 2012, ed ha avuto l'occasione di conoscere le dinamiche del conflitto tra Israele e i Territori Palestinesi.  La prima permanenza è stata di poco più di un mese, a Nablus, dove ha svolto volontariato in un campo profughi. Nel 2012, invece, è tornata con una borsa di studio dell'Università di Torino ed è stata principalmente a Nazareth e Haifa. La sua tesi affrontava il tema della minoranza palestinese con cittadinanza israeliana ed i limiti ad essa legati, specie nell'esercizio dei propri diritti di cittadini.

Cosa pensa delle operazioni militari israeliane di luglio?

Penso che Israele abbia l’interesse di tenere la striscia di Gaza e i palestinesi in generale sotto un terrore costante. Purtroppo non c’è nulla di nuovo nell’ultima operazione militare, prima di margine protettivo abbiamo assistito a Pilastro di Difesa e ancora prima a Piombo Fuso e così via. Spesso si sente dire che Israele ha dimostrato di volere la pace in seguito al ritiro della Striscia, non credo sia vero perché ciò che ha conosciuto la Striscia di Gaza in seguito è stato l’isolamento completo e continui bombardamenti.
L’assoluta libertà che Israele possiede nel colpire i Territori Palestinesi, costruire muri e colonie, demolire case palestinesi, arrestare arbitrariamente palestinesi senza alcun processo etc.. penso sia la dimostrazione che la comunità e le organizzazioni internazionali abbiano fallito nel ruolo di mantenimento della pace e della giustizia.

Sono passati 8 mesi dalla fine delle operazioni, cosa è cambiato?

Come accennavo prima la Striscia non conosce pace, anche se non ci arrivano le notizie dai media non bisogna dimenticarsi che è chiusa su tutti i lati (per questo viene chiamata “prigione a cielo aperto”). I palestinesi non possono uscire e quindi nemmeno scappare in caso di attacco israeliano e le merci vengono introdotte con il contagocce. La situazione è davvero drammatica: i continui attacchi israeliani, che colpiscono case, scuole e ospedali non permettono alla Striscia di vivere in maniera dignitosa. Un esempio dell’oppressione sono i continui attacchi ai pescherecci palestinesi da parte della marina israeliana. Proprio in questo mese le forze navali hanno aperto il fuoco contro un peschereccio palestinese uccidendo un giovane pescatore di 25 anni. Ciò che mi chiedo spesso è perché queste notizie non ci vengono trasmesse?

“Con me come premier, non ci sarà uno Stato palestinese”, queste le parole del rieletto premier israeliano Benjamin Netanyahu, il giorno prima del voto. Lei che ha vissuto per alcuni mesi della sua vita in Palestina, cosa pensa di queste parole? Che rapporto esiste tra i palestinesi ed i coloni?

Sinceramente queste parole non mi hanno stupita affatto, Netanyahu con queste parole ha voluto assicurarsi un maggior elettorato. Credo che le azioni dello Stato d’Israele siano sufficienti ad arrivare alla conclusione che Israele, fino ad oggi, ha sempre ostacolato l’idea di uno stato palestinese.
Gideon Levy, giornalista di Haaretz, ringrazia (ironicamente) Netanyahu per aver espresso ciò che tutti i leader israeliani hanno sempre pensato e portato avanti nonostante la facciata dei colloqui di pace. Durante la mia permanenza in Israele/Palestina ho sentito spesso dire dai palestinesi che a loro avviso Israele non ha alcuna intenzione di permettere l’esistenza di uno stato palestinese.
Per quanto riguarda il rapporto tra coloni e palestinesi è inevitabilmente di tipo conflittuale. I due s’incontrano davvero poco e per quello che ho potuto vedere i palestinesi temono i coloni perché generalmente girano armati e sono estremisti. Un caso particolare è la città di Hebron, dove i coloni si sono introdotti e vivono nel cuore della città araba, ciò è fonte di continui conflitti e difficoltà per i palestinesi. Hebron viene chiamata la “città fantasma” perché per permettere ai coloni di viverci buona parte della città è stata chiusa al traffico palestinese affinché i coloni possano girare liberamente. Il quartiere commerciale più importante della città e della West Bank è stato evacuato dai suoi residenti palestinesi per creare un corridoio di libero passaggio per i coloni. La situazione è davvero drammatica a Hebron, ho potuto vedere i coloni girare liberamente armati di fucili sotto la tutela incondizionata dei soldati. 


Una delle vie di Hebron chiusa al "traffico palestinese" per creare un corridoio ai coloni. Queste saracinesche erano negozi di palestinesi, oggi chiusi. Foto di Mariam Dinar

Quale pensa possa essere la migliore soluzione politica?

“Utopicamente” parlando però credo che l’unica soluzione sia quella di uno Stato binazionale, laico e democratico che permetta di far vivere insieme palestinesi e israeliani. Questa soluzione sta trovando il consenso di molto intellettuali palestinesi e israeliani che credono che ormai la strada verso due stati separati non sia più percorribile, soprattutto per la presenza delle colonie.
Ci sono timidi barlumi di speranza che si possono intravedere all’interno della società civile palestinese e israeliana. Ci sono tentativi di opposizione pacifica all’occupazione su entrambi i fronti. Ho profonda fiducia in queste persone perché credo che solo la popolazione israeliana (insieme a quella palestinese) sarà in grado di dare una svolta al conflitto. Generalmente però, allo stato dei fatti, sono pessimista sul futuro della situazione israelo-palestinese perché non vedo cambiamenti sostanziali che ci possano far sperare. La comunità internazionale gioca, al momento, un ruolo di complice nell’occupazione poiché Israele non è mai stata sanzionata per i crimini di guerra commessi contro la popolazione palestinese. Finché questa omertà ha vita non penso che vedremo terminare l’occupazione.
Vorrei comunque terminare con l’invitare chiunque a seguire la politica del boicottaggio internazionale dell’organizzazione BDS per fare pressione politica ed economica su Israele. Questa politica permette anche a noi di avere un ruolo in questa campagna mondiale alla quale hanno partecipato anche importanti artisti e intellettuali che hanno rifiutato di prendere parte a eventi organizzati nelle colonie.

Nessun commento:

Posta un commento