di Gaia Matteucci, umbra, laureata in Scienze Internazionali all'Università di Torino, con una tesi sul Km zero.
Dalle interviste con i vari facilitatori
dei Gac e con il presidente del MC, portate avanti nel corso del lavoro di tesi
di laurea, sono emerse alcune tendenze generali nelle modalità di nascita,
sviluppo e crescita dei gruppi di acquisto collettivi.
Primo elemento di rilievo è il target a
cui si rivolge il progetto. Il progetto nasce per rivolgersi alle fasce
“vulnerabili”. In realtà, le persone coinvolte hanno un background culturale,
un livello di istruzione, una sensibilità a determinate tematiche e strumenti
sia economici, sia culturali per aderire ad un progetto che è essenzialmente
culturale. Il profilo delle persone partecipanti quindi può essere
caratterizzato da un reddito medio e un’elevata conoscenza ambientale/culturale
del territorio.
Inoltre, le persone che partecipano ad
un Gac dimostrano di non avere abbastanza tempo o voglia per dedicare del
lavoro volontario e dell'impegno costante per organizzare un Gas autonomamente.
Si può dire che il Gac rappresenta una volgarizzazione dei Gas permettendo
anche a persone che non sono portate ad iscriversi ad un Gas, e di essere quindi
fortemente attivi nel dedicare cospicue energie alla vita di un gruppo, ad
aderire ad un progetto di filiera corta che è essenzialmente un servizio
offerto da un soggetto strutturato quale è il Movimento Consumatori. In tal
senso, si può dire che i membri dei Gac siano più degli utenti di un servizio
piuttosto che degli associati, fortemente sensibili al rapporto estremamente vantaggioso
tra risparmio e qualità dei prodotti. Chi si iscrive ad un Gac sono
generalmente famiglie, giovani e di mezza età, con figli e sono anche coloro
che fanno la spesa con più continuità. Nelle famiglie è maggiore la preoccupazione
e il piacere allo stesso tempo di crescere i propri figli con prodotti di qualità,
biologici ad un prezzo poi che risulta essere la metà rispetto a quello di un supermercato.
In maggioranza sono inoltre le donne a rivolgersi al Gac, coloro che si occupano
della spesa settimanale. Gli uomini in genere sono delegati dalle rispettive mogli
al ritiro della spesa.
Sul fronte delle sinergie attivate, uno
degli intenti iniziali del progetto è stato quello di inserire i Gac in
contesti dove potessero anche esser sostenuti e accompagnati da altri Gas del
territorio e dove le conoscenze acquisite da questi ultimi nel corso del tempo potessero
avere un effetto propulsivo nei confronti dei Gac. In realtà poco è stato fatto
in questa direzione. La sperimentazione del progetto in realtà ha dimostrato
che le due realtà, quella dei Gac e quella dei Gas, hanno degli animi talmente
diversi che risulta difficile tenerle insieme in percorsi condivisi.
Analizzando cronologicamente la storia
dei Gac le prime criticità emergono nei primi mesi del progetto “Collettivo è
Meglio”. Esse sono intrinseche alla natura stessa del Gac: è un modello di
progetto pensato da terzi e calato all'interno di realtà complesse, quali sono
i quartieri a “basso reddito” selezionati dalla Provincia di Torino per
promuovere un consumo di cibo di qualità a costi accessibili. La selezione del facilitatore
locale ha dunque assunto un momento importante: la scelta è ricaduta, almeno in
una prima fase, su soggetti del luogo e non su soggetti appartenenti agli enti organizzatori,
per facilitare il dialogo e la diffusione del progetto, basandosi sulle reti di
relazioni già presenti e su un rapporto di fiducia garantito dalla selezione di
personaggi inseriti nel contesto sociale locale.
Il ruolo del coordinatore è cruciale in
un progetto culturale di spesa come quello proposto dai Gac. Dal momento che
non si tratta di un supermercato e che di fatto si acquistano prodotti sulla
carta senza poterli vedere (fino al 2012), la figura del coordinatore deve
suscitare fiducia da parte degli iscritti facendosi portavoce del Movimento
Consumatori e della garanzia della qualità dei prodotti.
Importante, in questa direzione, è
capire il senso profondo del progetto e quindi prestare attenzione alle
esigenze e ai gusti degli iscritti, spendere due parole in più, scambiare idee,
ricette, informazioni sui prodotti e i produttori e in un certo senso educare
ad un consumo critico. Fino al 2012 dal momento che gli ordini erano possibili
solo tramite la compilazione on line o cartacea di uno “sterile” foglio excel
che non permetteva di vedere i prodotti, il ruolo del coordinatore era ancora
più rilevante in tal senso.
Durante la prima fase, quando il
progetto era ancora finanziato a regime, la scelta dei facilitatori è stata
quasi sempre orientata alla selezione di persone del luogo dove sorgeva il Gac,
successivamente invece si è cercato di organizzarsi come si riusciva, spesso
trasferendo personale del Movimento Consumatori nei vari Gac (soprattutto nei Gac
della città).
Al fine di rispondere all'aumento della
domanda di prodotti e rispettare la sensibilità dei consumatori alla politica
del “Km Zero”, nel 2010, il Movimento Consumatori avvia il progetto Mio Bio,
con la selezione di produttori biologici del territorio piemontese. Ciò ha
risultati ambivalenti. Da un lato infatti conferisce un enorme valore aggiunto all'esperienza
per l'inserimento di produttori, non solo locali in regime di filiera corta, ma
anche biologici, a rappresentare una scelta radicale di qualità e salubrità dei
prodotti, dall'altro la scelta del biologico ha portato nel tempo ad intercettare
una “nicchia” di consumatori altra rispetto a quella classe media vulnerabile che
in realtà doveva esser la fascia privilegiata a cui doveva rivolgersi il
progetto.
Il 2011 è il primo anno che risente del
calo dei contributi provinciali al progetto. É la fase in cui gli enti
organizzatori testano quanto realmente i “consumatori” abbiano aderito ai
principi guida del progetto di consumo collettivo, in quanto iniziano a richiedere,
per la sopravvivenza del servizio, del lavoro volontario.
Quando però, a più riprese, si è cercato
di coinvolgere i membri attraverso newsletter settimanali per prestare lavoro
volontario nella gestione del Gac, le risposte hanno tardato a venire e sono
state pressoché assenti.
Come anticipato il 2012 è l'anno dei
problemi economici: il taglio dei contributi provinciali permettono al
Movimento Consumatori di poter finanziare a pieno regime solo i 4 Social Gac e
i due nuovi Gac aperti durante l'anno. Per evitare la chiusura dei diversi Gac,
il Movimento Consumatori si vede costretto ad aumentare la quota di iscrizione
(di fatto ad introdurla).
In termini assoluti il 2012 è, infatti,
l'anno del calo di affiliati per il progetto Gac; tuttavia la mole di
ordinazioni non accenna a calare. Secondo i responsabili del Movimento
Consumatori ciò è giustificabile con la “fidelizzazione” dei fruitori: mentre
prima tutti si affiliavano, anche per spese
saltuarie e legate a pochi prodotti, i
“nuovi” tesserati sono consumatori costanti del servizio, che fanno proprio il
principio della spesa collettiva, affidando ai Gac la quasi totalità della
spesa, ordinando settimanalmente nuovi prodotti. Dato che pagano il servizio
con la tessera annuale, sono più motivati a sfruttarlo.
Una criticità insita nel progetto stesso
e nella modalità in cui è stato costruito ed organizzato è il fatto di poter
ritirare solo cosa si è ordinato la settimana precedente, che lo si deve fare a
giorno ed orario fisso e che talvolta su 20 prodotti ordinati un paio vengono a
mancare. Quest'ultimo aspetto soprattutto, ha provocato la perdita di molti iscritti
nel corso del tempo, sicuramente di quelli che non hanno compreso a pieno il senso
del progetto. Questa problematica solleva reazioni diverse legate ai principi valoriali
con cui i diversi soggetti si avvicinano ai Gac. Coloro che hanno fatto propria
la filosofia alla base del Gac capiscono il disguido, coloro che invece percepiscono
il Gac
come un “diverso” supermercato, data
l'estrema varietà di prodotti acquistabili e nutrendo quindi aspettative molto
elevate, non accettano la naturale mancanza di prodotti, legata
all'impossibilità delle terre coltivate di rispondere a una domanda eccessiva.
Inoltre, comprare gli ortaggi tutti
insieme, dal momento che nel paniere non ci sono prodotti di quarta gamma,
presuppone la necessità di pulirli tutti fin da subito affinché possano durare
per l'intera settimana. Aderire ad un Gac quindi (e lo stesso discorso vale
anche per un Gas), per forza di cose comporta una certa propensione
all'organizzazione/programmazione della propria dispensa settimanale. È
necessario che si inizino prima a consumare i prodotti che si deteriorano più
in fretta e dedicare del tempo alla loro preparazione. Inoltre, potendo ordinare
una sola volta alla settimana, se ci si dimentica qualcosa, occorre aspettare
la settimana successiva.
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