giovedì 25 luglio 2013

GAC: TENDENZE GENERALI E CRITICITA’ EMERSE

di Gaia Matteucciumbra, laureata in Scienze Internazionali all'Università di Torino, con una tesi sul Km zero.

Dalle interviste con i vari facilitatori dei Gac e con il presidente del MC, portate avanti nel corso del lavoro di tesi di laurea, sono emerse alcune tendenze generali nelle modalità di nascita, sviluppo e crescita dei gruppi di acquisto collettivi.
Primo elemento di rilievo è il target a cui si rivolge il progetto. Il progetto nasce per rivolgersi alle fasce “vulnerabili”. In realtà, le persone coinvolte hanno un background culturale, un livello di istruzione, una sensibilità a determinate tematiche e strumenti sia economici, sia culturali per aderire ad un progetto che è essenzialmente culturale. Il profilo delle persone partecipanti quindi può essere caratterizzato da un reddito medio e un’elevata conoscenza ambientale/culturale del territorio.

Inoltre, le persone che partecipano ad un Gac dimostrano di non avere abbastanza tempo o voglia per dedicare del lavoro volontario e dell'impegno costante per organizzare un Gas autonomamente. Si può dire che il Gac rappresenta una volgarizzazione dei Gas permettendo anche a persone che non sono portate ad iscriversi ad un Gas, e di essere quindi fortemente attivi nel dedicare cospicue energie alla vita di un gruppo, ad aderire ad un progetto di filiera corta che è essenzialmente un servizio offerto da un soggetto strutturato quale è il Movimento Consumatori. In tal senso, si può dire che i membri dei Gac siano più degli utenti di un servizio piuttosto che degli associati, fortemente sensibili al rapporto estremamente vantaggioso tra risparmio e qualità dei prodotti. Chi si iscrive ad un Gac sono generalmente famiglie, giovani e di mezza età, con figli e sono anche coloro che fanno la spesa con più continuità. Nelle famiglie è maggiore la preoccupazione e il piacere allo stesso tempo di crescere i propri figli con prodotti di qualità, biologici ad un prezzo poi che risulta essere la metà rispetto a quello di un supermercato. In maggioranza sono inoltre le donne a rivolgersi al Gac, coloro che si occupano della spesa settimanale. Gli uomini in genere sono delegati dalle rispettive mogli al ritiro della spesa.
Sul fronte delle sinergie attivate, uno degli intenti iniziali del progetto è stato quello di inserire i Gac in contesti dove potessero anche esser sostenuti e accompagnati da altri Gas del territorio e dove le conoscenze acquisite da questi ultimi nel corso del tempo potessero avere un effetto propulsivo nei confronti dei Gac. In realtà poco è stato fatto in questa direzione. La sperimentazione del progetto in realtà ha dimostrato che le due realtà, quella dei Gac e quella dei Gas, hanno degli animi talmente diversi che risulta difficile tenerle insieme in percorsi condivisi.
Analizzando cronologicamente la storia dei Gac le prime criticità emergono nei primi mesi del progetto “Collettivo è Meglio”. Esse sono intrinseche alla natura stessa del Gac: è un modello di progetto pensato da terzi e calato all'interno di realtà complesse, quali sono i quartieri a “basso reddito” selezionati dalla Provincia di Torino per promuovere un consumo di cibo di qualità a costi accessibili. La selezione del facilitatore locale ha dunque assunto un momento importante: la scelta è ricaduta, almeno in una prima fase, su soggetti del luogo e non su soggetti appartenenti agli enti organizzatori, per facilitare il dialogo e la diffusione del progetto, basandosi sulle reti di relazioni già presenti e su un rapporto di fiducia garantito dalla selezione di personaggi inseriti nel contesto sociale locale.
Il ruolo del coordinatore è cruciale in un progetto culturale di spesa come quello proposto dai Gac. Dal momento che non si tratta di un supermercato e che di fatto si acquistano prodotti sulla carta senza poterli vedere (fino al 2012), la figura del coordinatore deve suscitare fiducia da parte degli iscritti facendosi portavoce del Movimento Consumatori e della garanzia della qualità dei prodotti.
Importante, in questa direzione, è capire il senso profondo del progetto e quindi prestare attenzione alle esigenze e ai gusti degli iscritti, spendere due parole in più, scambiare idee, ricette, informazioni sui prodotti e i produttori e in un certo senso educare ad un consumo critico. Fino al 2012 dal momento che gli ordini erano possibili solo tramite la compilazione on line o cartacea di uno “sterile” foglio excel che non permetteva di vedere i prodotti, il ruolo del coordinatore era ancora più rilevante in tal senso.
Durante la prima fase, quando il progetto era ancora finanziato a regime, la scelta dei facilitatori è stata quasi sempre orientata alla selezione di persone del luogo dove sorgeva il Gac, successivamente invece si è cercato di organizzarsi come si riusciva, spesso trasferendo personale del Movimento Consumatori nei vari Gac (soprattutto nei Gac della città).
Al fine di rispondere all'aumento della domanda di prodotti e rispettare la sensibilità dei consumatori alla politica del “Km Zero”, nel 2010, il Movimento Consumatori avvia il progetto Mio Bio, con la selezione di produttori biologici del territorio piemontese. Ciò ha risultati ambivalenti. Da un lato infatti conferisce un enorme valore aggiunto all'esperienza per l'inserimento di produttori, non solo locali in regime di filiera corta, ma anche biologici, a rappresentare una scelta radicale di qualità e salubrità dei prodotti, dall'altro la scelta del biologico ha portato nel tempo ad intercettare una “nicchia” di consumatori altra rispetto a quella classe media vulnerabile che in realtà doveva esser la fascia privilegiata a cui doveva rivolgersi il progetto.
Il 2011 è il primo anno che risente del calo dei contributi provinciali al progetto. É la fase in cui gli enti organizzatori testano quanto realmente i “consumatori” abbiano aderito ai principi guida del progetto di consumo collettivo, in quanto iniziano a richiedere, per la sopravvivenza del servizio, del lavoro volontario.
Quando però, a più riprese, si è cercato di coinvolgere i membri attraverso newsletter settimanali per prestare lavoro volontario nella gestione del Gac, le risposte hanno tardato a venire e sono state pressoché assenti.
Come anticipato il 2012 è l'anno dei problemi economici: il taglio dei contributi provinciali permettono al Movimento Consumatori di poter finanziare a pieno regime solo i 4 Social Gac e i due nuovi Gac aperti durante l'anno. Per evitare la chiusura dei diversi Gac, il Movimento Consumatori si vede costretto ad aumentare la quota di iscrizione (di fatto ad introdurla).
In termini assoluti il 2012 è, infatti, l'anno del calo di affiliati per il progetto Gac; tuttavia la mole di ordinazioni non accenna a calare. Secondo i responsabili del Movimento Consumatori ciò è giustificabile con la “fidelizzazione” dei fruitori: mentre prima tutti si affiliavano, anche per spese
saltuarie e legate a pochi prodotti, i “nuovi” tesserati sono consumatori costanti del servizio, che fanno proprio il principio della spesa collettiva, affidando ai Gac la quasi totalità della spesa, ordinando settimanalmente nuovi prodotti. Dato che pagano il servizio con la tessera annuale, sono più motivati a sfruttarlo.
Una criticità insita nel progetto stesso e nella modalità in cui è stato costruito ed organizzato è il fatto di poter ritirare solo cosa si è ordinato la settimana precedente, che lo si deve fare a giorno ed orario fisso e che talvolta su 20 prodotti ordinati un paio vengono a mancare. Quest'ultimo aspetto soprattutto, ha provocato la perdita di molti iscritti nel corso del tempo, sicuramente di quelli che non hanno compreso a pieno il senso del progetto. Questa problematica solleva reazioni diverse legate ai principi valoriali con cui i diversi soggetti si avvicinano ai Gac. Coloro che hanno fatto propria la filosofia alla base del Gac capiscono il disguido, coloro che invece percepiscono il Gac
come un “diverso” supermercato, data l'estrema varietà di prodotti acquistabili e nutrendo quindi aspettative molto elevate, non accettano la naturale mancanza di prodotti, legata all'impossibilità delle terre coltivate di rispondere a una domanda eccessiva.
Inoltre, comprare gli ortaggi tutti insieme, dal momento che nel paniere non ci sono prodotti di quarta gamma, presuppone la necessità di pulirli tutti fin da subito affinché possano durare per l'intera settimana. Aderire ad un Gac quindi (e lo stesso discorso vale anche per un Gas), per forza di cose comporta una certa propensione all'organizzazione/programmazione della propria dispensa settimanale. È necessario che si inizino prima a consumare i prodotti che si deteriorano più in fretta e dedicare del tempo alla loro preparazione. Inoltre, potendo ordinare una sola volta alla settimana, se ci si dimentica qualcosa, occorre aspettare la settimana successiva.


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