giovedì 27 marzo 2014

UCRAINA: la Crimea come il Kosovo?



di Giorgio Fruscione
L’evoluzione degli eventi in Crimea è oggetto di molteplici analisi geopolitiche, nonché di previsioni sul futuro della regione, contesa tra quelle che sembrano superpotenze riemerse dalla storia dell’Europa dei blocchi, che dal novembre ’89 credevamo di non vedere più.
La contrapposizione di superpotenze che caratterizza questo momento storico, non solo per l’Ucraina e la Russia ma per tutto il continente, non rievoca soltanto ricordi da guerra fredda ma anche scenari di guerra vera, come quella che negli anni ’90 dilaniò i Balcani. Da più parti infatti, il parallelo tra l’attuale situazione inCrimea e il caso del Kosovo è oggetto di dibattito e analisi. Se da un lato infatti la memoria circa i bombardamenti di Belgrado del ’99 è ancora fresca nella mente degli osservatori contemporanei, la questione Crimea sembra riproporre molti elementi comuni che rendono quindi possibile il confronto, nonostante le differenze di contesto.
Lo stesso Putin, accusato da UE e USA di imperialismo e militarismo, ha più volte invocato il caso del Kosovo ironizzando sulla mancanza di coerenza e oggettività nell’applicazione del diritto internazionale. In particolare, il presidente russo ha fatto leva sul principio di autodeterminazione, la cui interpretazione è però spesso contraddittoria, e l’atteggiamento di Putin verso la Crimea viene visto ora come legittimo e ora come ipocrita, proprio sulla base del precedente del Kosovo.

La differenza tra i due casi riguarderebbe quindi la questione di legittimità, sia sul principio all’autodeterminazione del popolo kosovaro e di quello della Crimea, che sul tipo di intervento politico-militare che accompagna le istanze indipendentiste e secessioniste. Il primo punto in comune è quindi quello dell’ingerenza negli affari di stati terzi da parte di una superpotenza, che a sua volta li definisce come “tutela di interessi”.
Per Putin, e per tutti i suoi sostenitori, quella per la Crimea è una battaglia in difesa degli interessi della Russia, laddove la difesa della popolazione russofona ha un ruolo più marginale e di facciata. Il vero interesse di Putin è innanzitutto la difesa della flotta sul Mar Nero, nonché dare una dimostrazione di forza nei confronti di un contesto geopolitico, quello dell’Ucraina, che è da sempre rientrato tra i principali interessi di Mosca. Nel bene o nel male infatti Kiev non presenta soltanto legami storici e culturali con la Russia, ma soprattutto uno dei principali partner economici, dal momento in cui i gasdotti russi che attraversano l’Ucraina riforniscono le principali economie europee. In quest’ottica, Putin sta cercando semplicemente di “ristabilire le gerarchie”, ovvero le sfere d’influenza che vennero definite a Yalta, e dal suo canto è stata l’Unione Europea a interferire negli affari ucraini, imponendo un accordo commerciale che entrasse in concorrenza col mercato russo e appoggiando la rivoluzione e il governo EuroMaidan di Kiev, fino alla cacciata dell’alleato Yanukovic.
In questo confronto, le differenze col Kosovo riguarderebbero proprio le istanze di legittimità dell’intervento statunitense e della NATO. Se l’occupazione militare della Crimea e il referendum del 16 marzovengono visti come una violazione del diritto internazionale e dell’integrità di uno stato sovrano, su questo aspetto la NATO e i paesi europei che appoggiarono il bombardamento della Jugoslavia sembrano comportarsi in maniera più ipocrita, rifacendosi dunque al diritto internazionale solo nel momento della tutela di interessi particolari. L’intervento NATO di 15 anni fa alimentò l’idea di “guerra umanitaria”, giustificata come unico mezzo possibile per la tutela della popolazione albanese. Mentre è ampiamente documentato chele stesse forze NATO colpirono molti obiettivi civili serbi, nonché albanesi, in quello che è stato il primo intervento dell’alleanza atlantica compiuto nei confronti di un paese sovrano e che non comprometteva la sicurezza e la stabilità di nessuno stato membro dell’organizzazione, gli Stati Uniti d’America si fecero portavoce delle istanze indipendentiste del piccolo e lontano Kosovo, invocando il principio all’autodeterminazione degli albanesi e appoggiando quello stesso Uck, che fino a poco prima rientrava nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali per via dell’ingente traffico di droga e organi e che più tardi contribuirà alla costruzione dello stato kosovaro.
L’intervento “umanitario” della NATO, portato avanti contro il diritto internazionale e senza avallo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non solo non comportò la pace e la stabilità nella regione, a causa anche della distruzione di numerose infrastrutture civili, ma fu seguito dalla costruzione della più grande base americana in Europa, Camp Bondsteel, nella regione del Kosovo.
A differenza di Camp Bondsteel, la base navale russa di Sebastopoli, in Crimea, esiste dal 1783 ed ha sempre rappresentato una chiave geostrategica fondamentale per la superpotenza prima sovietica e poi russa. In quest’ottica, la difesa degli interessi russi in Crimea sembra, dal punto di vista prettamente geopolitico, più legittimo di quanto non lo sia stato invece il bombardamento della Repubblica Federale di Jugoslavia. Inoltre, mentre il bombardamento NATO provocò la morte di migliaia di civili innocenti, a causa anche dell’alta incidenza di tumori dovuti all’uso di armi non convenzionali, l’intervento d’occupazione della Crimea non ha visto per ora l’escalation di scontri armati. Quella russa dunque, è si un’azione di forza nei confronti di un paese sovrano, ma anche un intervento preventivo, dettato dalla paura di perdere il controllo di un’area geostrategica fondamentale. Mentre la prassi della NATO è stata infatti quella di ingerenza negli affari di stati terzi, attraverso un massiccio uso della forza e la fondazione di basi militari, quella russa, almeno per il momento è dettato dalla real-politik tipica della guerra fredda, in cui il mantenimento della pace sembra condizionato dal mantenimento dell’equilibrio politico-militare tra le superpotenze nelle regioni di confine. Ciononostante, per la Russia l’Ucraina rappresenta da sempre la porta per l’Europa in virtù delle relazioni politiche e commerciali, mentre per gli Stati Uniti la regione del Kosovo fino agli anni ’90 non rappresentava alcun legame politico, economico o sociale.
Inoltre, quello della Crimea rappresenta più “un ritorno” alla madrepatria Russia – dopo che Kruschev la “regalò” alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina nel 1954 – che una secessione dall’Ucraina indipendente. Dall’altro lato invece, la proclamazione d’indipendenza del Kosovo, conseguita senza alcun referendum, ha rappresentato nel 2008 il momento chiave dell’allontanamento definitivo di una regione che non aveva mai sviluppato una propria autonomia statale in epoca contemporanea, e che sin dal medioevo custodisce lamemoria culturale e spirituale dello stato-nazione della Serbia.
Infine, il principale elemento in comune tra il caso del Kosovo e quello della Crimea è quello dell’equilibrio della forza tra superpotenze. In entrambi i casi infatti, la logica che ha condotto al bombardamento della Jugoslavia, così come all’occupazione della repubblica di Crimea, risponde a necessità imperialiste, che hanno portato da un lato all’accerchiamento della Russia con le basi NATO e dall’altro ad un destabilizzante interventismo preventivo.
Mentre gli stessi osservatori, da Washington a Mosca, sembrano schierarsi senza mezze misure per l’una o l’altra fazione, lo scenario da guerra fredda e l’immagine dell’”Europa dei blocchi” tornano ad animare i principi di politica estera in tutto il continente.
Così come il Kosovo ha conseguito la sua indipendenza grazie all’intervento di una superpotenza, allo stesso modo il futuro della Crimea dipenderà da quale imperialismo sarà in grado di far valere in misura maggiore i propri interessi geopolitici.

7 Comments

  1. UbermenschenUbermenschen03-25-2014
    Gli strani ‘nazionalisti’ ucraini
    Il capo di UNA-UNSO, Andrej Shkil, dieci anni fa era consigliere di Julija Tymoshenko. UNA-UNSO, durante la “rivoluzione arancione” istigata dagli USA nel 2003-2004, sostenne il candidato pro-NATO Viktor Jushenko contro il suo avversario filo-russo Janukovich. I membri di UNA-UNSO garantivano la protezione ai sostenitori di Jushenko e Julija Tymoshenko a Piazza Indipendenza, a Kiev, nel 2003-4. [4] UNA-UNSO avrebbe anche stretti legami con il Partito nazionaldemocratico tedesco (NDP). [5] Fin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, i para-militari di UNA-UNSO furono dentro ogni rivolta contro l’influenza russa. L’unico collegamento nelle loro azioni violente è sempre stata la russofobia. L’organizzazione, secondo i veterani dell’intelligence statunitense, è parte dell’organizzazione segreta della NATO “GLADIO”, e non è un gruppo nazionalista ucraino come spacciato dai media occidentali. [6] Secondo queste fonti, UNA-UNSO fu coinvolta (confermata ufficialmente) negli eventi lituani nell’inverno del 1991, nel colpo di Stato sovietico nell’estate 1991, nella guerra della Repubblica del Pridnestrovija nel 1992, la guerra antirussa in Abkhazia del 1993, la guerra cecena, la campagna in Kosovo organizzata dagli USA contro i serbi e la guerra in Georgia dell’8 agosto 2008. Secondo questi rapporti, i paramilitari di UNA-UNSO erano coinvolti in ogni guerra sporca della NATO nel post-guerra fredda, sempre in lotta in nome della NATO. “Queste persone sono mercenari pericolosi utilizzati in tutto il mondo per combattere le guerre sporche della NATO e denigrare Russia perché tale gruppo si fa passare fingendo per forze speciali russe. Questi sono delinquenti che non hanno nulla a che fare con i nazionalisti da parata, sono i tizi con i fucili da cecchino”, insistono queste fonti. [7]
    Se fosse vero che UNA-UNSO non è l’opposizione “ucraina”, ma piuttosto una forza segretissima della NATO in Ucraina, ciò suggerirebbe che il compromesso dell’UE con i moderati è stato probabilmente sabotato da un attore importante escluso dai colloqui di Kiev del 21 febbraio, come la diplomatica del dipartimento di Stato Victoria Nuland. [8] Nuland e il senatore repubblicano statunitense John McCain hanno contatti con il capo dell’opposizione ucraina del partito Svoboda, apertamente antisemita e difensore dei crimini di guerra della divisione SS ucraina Galizia. [9] Il partito fu registrato nel 1995, inizialmente si chiamava “Partito nazionalsociale d’Ucraina” e usava un logo nazistoide. Svoboda è la facciata elettorale di organizzazioni neo-naziste ucraine come UNA-UNSO. [10] Un ulteriore indizio della presenza della mano di Nuland negli ultimi eventi Ucraina, è il fatto che il nuovo parlamento ucraino dovrebbe nominare il prescelto di Nuland, Arsenij Jatsenjuk, del partito di Tymoshenko, a capo ad interim del nuovo governo. Qualunque sia la verità, è chiaro che Washington ha preparato un nuovo stupro economico dell’Ucraina utilizzando il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sotto il suo controllo.
    da: “Ucraina: organizzazione militare segreta neo-nazista coinvolta negli spari a Euromaidan”, di William Engdahl -
  2. Michele BettiniMichele Bettini03-25-2014
    Basta con tutti questi giuristi e politologi da strapazzo!
  3. Manuel MIksaManuel MIksa03-25-2014
    Carissimo Giorgio Fruscione, ti faccio i miei complimenti per questo bellissimo articolo!
    CHAPEAU! veramente bravo!
  4. Gorby69Gorby6903-26-2014
    Bell’articolo anche se non viene menzionata l’unica differenza fondamentale tra Kosovo e Crimea cioè che prima dell’intervento militare NATO c’era la guerra civile e questo ha giustificato un intervento militare!! quindi come ben spiegato nell’articolo l’intervento russo in Crimea è esclusivamente preventivo a salvaguardia degli interessi russi e non certo dei russofoni che vivono li…
  5. Gorby69Gorby6903-26-2014
    Ora quale dei due interventi sembra più legittimo?
  6. FabioFabio03-26-2014
    Riparto dall’ultimo post di Gorby89: quindi, siccome sappiamo bene come il fenomeno UCK (o almeno quelli informati sanno bene come dei trafficanti di droga sono diventati da mattina a sera dei patrioti per la NATO…), dovremmo dedurre da ciò che scrive che la Russia avrebbe dovuto sostenere in forme mascherate dei gruppi di terroristi i quali, dopo aver colpito la popolazione non russa e aver scatenato la guerra civile, avrebbero lasciato il campo “all’intervento umanitario” di Mosca? E’ una logica abbastanza strana, che si presta a due osservazioni: 1) si spaccia e si crede ingenuamente all’intervento NATO come esclusivamente “umanitario” estraneo a tutte le logiche interne al caso-jugoslavo (che tutto è stato tranne che una guerra civile combattuta tra “etnie” senza l’interesse di soggetti esterni con tutti i loro fini); 2) con la guerra civile e la necessità di interventi umanitari stile Kosovo si delinea esattamente lo scenario che a Mosca in tanti stanno aspettando per intervenire anche a Donetsk e Kharkhov.
  7. enzoEnzo03-26-2014
    dando per scontato, anche se con beneficio di inventario, che quello del kosovo è un precedente ed un’eccezione al diritto di sovranità mi permetto alcune osservazioni: 1 l’intervento in kosovo fu determinato da pesanti violazioni dei diritti umani – veri e propri crimini contro l’umanità – , c’era stato il precedente bosniaco dove il gran pasticcio degli europei aveva determinato una catastrofe e quindi si decise di non seguire la procedura diplomatica usata in precedenza considerato che i serbi avevano utilizzato (in bosnia) il tempo delle trattative per operare la pulizia etnica.2 il kosovo non è stato annesso all’albania 3 in crimea non sono avvenute violazioni dei diritti umani a scapito della maggioranza russa 4 in kosovo l’esercito albanese non è entrato.5 se la base (in fitto) di sebastopoli costituisce una giustificazione all’invasione chiedo se lo stesso non valga x cuba/guantanamo 6 chiedo se la difesa “degli interessi russi” comporti l’esistenza di uno stato a sovranità limitata – l’ucraina – e se esiste una categoria in europa dove sono inseriti questi paesi e se noi ne facciamo parte 7 per quanto riguarda la nato l’espansione verso est è stata determinata dalla richiesta dei paesi ex patto di varsavia ed ex unione sovietica , ancora: è n loro diritto ? a mio avviso l’accerchiamento nato della russia è determinato dalla scarsa fiducia degli ex vassalli nella buona fede russa e la storia di questi giorni da loro ragione 8 ritorno alla madrepatria? se scorriamo un atlante storico troveremmo tante ipotesi di ritorno a casa pericolosissime per la pace in europa e poi chi stabilisce qual’è il tempo che deve trascorrere per determinare che questo diritto sia o non sia valido?

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