Scrivere sul Primo Maggio e non cadere nell'imbuto della retorica, parlare di lavoro ed evitare la banalità dei tanti articoli fotocopia che si leggono nel giorno dei lavoratori: è questa la sfida per chi scrive e la difficoltà per chi vuol muovere una discussione. A ben vedere, però (e purtroppo) , la questione sta proprio nel fatto che “i soliti argomenti da Primo Maggio” sono stati centrifugati dalle logiche della ripetizione e della ripetitività e , nonostante l'importanza che dovrebbero ricoprire in quanto centrali nella vita di ciascuno, la Festa dei Lavoratori è diventata una giornata come tutte le altre.
Se avessimo
chiesto ad un bracciante dei tempi del fascismo, quali fossero i problemi della
sfera lavorativa di allora, questi, dopo essersi nascosto per evitare di essere
ascoltato, avrebbe lamentato in segreto e a suo modo che la società in cui
viveva aveva spostato enormi quantità di denaro dalle classi meno abbienti
verso quelle ricche, avrebbe lamentato che, non paga della condizione di
privilegio che già dà l'avere denaro, approfittava di titoli pseudo-nobiliari e di adesioni squadriste e violente, per
affermare un principio odioso : non sono solo il responsabile della mia vita ,
ma sono anche il “padrone” della tua.
Sei malato?
Lavori lo stesso. Sei donna? Lavori e, se mi va, ti presti ai miei piaceri.
Vuoi ribellarti? Lo Stato è dalla mia parte , perché i rappresentanti sono i
miei rappresentanti, non quelli di un pezzente come te.
E tale
doveva essere rimasta la situazione nei “nostri” anni '50. Le lotte socialiste
del palermitano, le stragi di lavoratori per mano mafiosa e latifondista, non
avevano intaccato la convinzione di “proprietà” sulla vita delle persone.
Sebbene dalla monarchia si fosse passati alla Repubblica ed al suo suffragio
universale, la gerarchia e la colonizzazione del potere non cambiava: prima
erano fascisti adesso democristiani.
Poteva
quindi capitare che il tuo diritto ad avere una casa, nei casi migliori, fosse
sottoposto alla fedeltà elettorale come quello, nei casi peggiori, di un paio
di scarpe “per la domenica”. Poteva capitare, e capitò davvero, che nella Brolo
dei primissimi anni Sessanta venisse impedito ad un lavoratore di poter mandare
il figlio alle scuole superiori, sebbene meritevole, perché “si non ma zappa to figghiu, a terra a mia cu ma zappa?”.
Sono quelli
gli anni in cui una presa di coscienza da parte della “classe operaia” fa
guadagnare, o per lo meno codificare,
molti di quei diritti che oggi diamo per scontati (come il Primo Maggio, del
resto).
Bisogna
dare atto, quindi, che la “classe politica” di quei tempi riuscì a
concretizzare, dopo anni di lotte, normative sul lavoro da paese finalmente
civile e che lo Statuto dei Lavoratori può essere considerato ancora ad oggi il
risultato positivo della partecipazione e delle rivendicazioni di settori
importanti e fino ad allora esclusi della società . Abolire il licenziamento
senza giusta causa, garantire un sistema sanitario che permetta di sopravvivere
non soltanto ai ricchi, assicurare l'istruzione di Stato anche per chi non ha
natali illustri, provvedere alla parità delle opportunità tra l'uomo e la
donna, sono solo alcune delle conquiste di quegli anni. Ma oggi?
E' per caso
banale evidenziare che, con modalità aggiornate, siamo al perpetrarsi se non al
restaurarsi di antichi e odiosi vizi?
In ordine
di apparizione nel'articolo, oggi, assistiamo nuovamente al trasferimento delle
ricchezze dalle fasce meno abbienti della popolazioni verso la speculazione
finanziaria, al timore di partecipare alla discussione favorito dalle sirene di
un disinteresse finalizzato a un falso quieto vivere, ad una stratificazione
sociale che divide i nuovi pezzenti da odierni “nobili” e gerarchi , padroni
delle vite di migliaia di disperati.
Sei malato?
Bisogna tagliare la sanità per finanziare la grande impresa, magari quella
militare.
Sei donna?
Stai attenta a procreare o sei licenziata (e siamo veramente sicuri che il
mobbing di natura sessuale non sia solo un retaggio dei tempi che furono? )
Vuoi
ribellarti? Abbiamo limitato gli spazi di democrazia sindacale, la
rappresentanza a tutti i livelli e reso la protesta una questione residuale.
Ancora oggi
sono tanti quelli che non hanno possibilità di una casa, ma il diritto
all'abitazione non è tra le priorità, si pensa alle grandi opere e mai ad un
piano di edilizia popolare, il tutto quando, come e peggio degli anni '50, in
vaste aree del nostro paese il lavoro è sottomesso alla fedeltà elettorale, si
replicano e proliferano i metodi di una cattiva politica che difficilmente ha
la partecipazione alla sua base, la scuola di tutti viene marginalizzata da una
privazione “pensata” delle risorse, perché ritornino le differenze e faccia
passi indietro la conquista più grande: quella mobilità sociale che permetteva
al contadino di poter avere per lo meno la speranza per la generazione dopo la
sua. Ecco quindi come, in conseguenza di questo assopimento sui diritti si
(contro)riforma la previdenza in nome della competitività internazionale, si
aboliscono parti importanti dello Statuto dei lavoratori, si precarizza il sistema del lavoro, per
ottenere una incomprensibile flessibilità che, a ben vedere, nemmeno nelle
intenzioni iniziali avrebbe potuto assicurare più lavoro e competitività.
Tragica ironia, poi, è quella del cane che si morde la coda. Rappresentata
dall'invenzione del mercato globale che non solo, non globalizza i diritti, ma
li mette in concorrenza verso il basso. Se in Bangladesh la produzione è più
conveniente, quindi, si chiederà ai lavoratori europei di sostenere quello
stesso sistema che vede il benessere come aspetto esclusivamente formale.
E' quindi
banale ripetere la stessa solfa del Primo Maggio tutti gli anni? Spiacenti, ma
a quanto pare le cose stanno molto peggio di così, perché la banalità diventa
necessità e la ripetitività insufficienza. Non è retorico quindi dire che la
discussione dovrebbe essere a ragione estesa al famoso Primo Maggio festeggiato
tutto l'anno. Suonerà pure ripetitivo, ma passare all'azione non è più
rinviabile.
Mi fa molto piacere leggere riflessioni come questa. Non sono considerazioni ripetitive e non lo saranno mai finché non le vedremo DAVVERO al centro del dibattito pubblico e come motore per azioni concrete.
RispondiEliminaCredo stia alle persone più sensibili far rientrare nel dibattito pubblico queste tematiche , a maggior ragione adesso che è caduta la maschera del "tanto succede agli altri e non a me ".. Certo, ci si poteva accorgere prima che stavano smantellando tutto, ma siamo ancora in tempo per parlare di diritti
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